Il Giovane Tintoretto – La Mostra
Di seguito una panoramica sulle sezioni della mostra veneziana dedicata al giovane Tintoretto
I. VENEZIA NEGLI ANNI DEL DOGE GRITTI
La prima sezione offre un panorama delle ricerche pittoriche condotte a Venezia nel corso degli anni Trenta del Cinquecento, privilegiando le congiunture più significative per contestualizzare la giovinezza di Tintoretto. In questi anni si assiste, grazie alla politica di rilancio di Venezia promossa dal doge Andrea Gritti e alla presenza di molti apporti esterni, ad un grande fermento anche sul versante artistico: dallo scultore e architetto toscano Jacopo Sansovino, che darà una veste nuova alla città sostituendo alle forme locali dell’architettura quelle all’antica, all’architetto bolognese Sebastiano Serlio, che porta in laguna l’esperienza maturata con Baldassare Peruzzi a Bologna e a Roma, al letterato Pietro Aretino.
A seguito di queste nuove sollecitazioni, la civiltà del classicismo cromatico è destinata ad essere messa in crisi. Quella stagione, ancora viva negli anni trenta, è richiamata in mostra dalla presenza di Tiziano e di alcuni altri artisti veneti che, pur aprendosi ad altre influenze, mantengono in lui il riferimento principale, come Bonifacio Veronese, Paris Bordon, Polidoro da Lanciano, oltre che del friulano Pordenone, portatore di nuove istanze e proposte di inedita potenza drammatica.
II. I TOSCANI A VENEZIA
L’arrivo a Venezia, tra il 1539 e il 1541, di artisti toscani educati al gusto dell’Italia centrale e cresciuti nel solco della nella maniera clementina, quali Francesco Salviati, accompagnato l’allievo Giuseppe Porta che si stabilirà in laguna, e Giorgio Vasari, grande amico di Aretino, costituisce un momento fondamentale di confronto tra la tradizione figurativa veneta, fondata sull’aderenza al dato reale colto nei suoi valori atmosferici e luministici, e questa centroitaliana caratterizzata da un approccio intellettualistico, dall’astrazione lineare e dalla sofisticata eleganza: una lezione di stile prezioso e altamente decorativo.
III. GLI ESORDI DI JACOPO
In questa sezione sono riunite circa una ventina di opere realizzate da Tintoretto tra la fine degli anni trenta e la prima metà degli anni quaranta, provenienti da importanti istituzioni italiane e straniere e collezioni private, che cercano di dar conto dello sviluppo stilistico dell’artista nel corso di questi anni in cui il giovane Jacopo porta avanti una incessante sperimentazione e, partendo da diverse istanze, le rielabora e le trasforma con grande urgenza espressiva.
Il discorso prende avvio dalla atmosfera irreale e fantastica della grande tela con la Conversione di San Paolo di Washington, per proseguire con la Sacra Conversazione eseguita per la famiglia veneziana Molin nel 1540, oggi in collezione privata, e con le storie mitologiche per il soffitto di Palazzo Pisani a San Paternian a Venezia, oggi alla Galleria Estense di Modena. La Cena in Emmaus di Budapest rielabora e trasforma il tradizionale schema tizianesco con forzature spaziali e senso dinamico mentre nel Cristo tra i dottori di Milano, opera di straordinario fascino, l’interesse per un’impaginazione architettonico-spaziale di tipo tradizionale, suggerita ma al tempo stesso elusa, si unisce ad un’inedita dimensione monumentale e ad una verve narrativa più sciolta.
IV. L’AFFERMAZIONE SULLA SCENA VENEZIANA
Negli anni immediatamente successivi alla metà del quinto decennio Tintoretto risulta impegnato nella realizzazione di tele di grandi dimensioni, spesso di formato longitudinale, dedicate a tematiche sacre. Sono dipinti di notevole impegno che si caratterizzano per un ampio respiro narrativo ed un impulso più decisamente drammatico. Nell’arco di una sola manciata d’anni (1546-48) si assiste al fitto susseguirsi di opere, qui rappresentate dall’ Ultima cena di San Marcuola, che testimoniano l’incontenibile urgenza del pittore nello sperimentare nuovi linguaggi e una crescita sul piano artistico tanto rapida da non avere confronti.
La conclusione del percorso è data dal Miracolo dello schiavo (1548), capolavoro indiscusso delle Gallerie dell’Accademia, testo che consacrerà definitivamente la fama pubblica di Tintoretto.